Testimonianza di Antonioli Giuseppe – Gianico
Si giocava solo d’estate perché d’inverno con il freddo la palla faceva molto male alle mani. Chi perdeva doveva pagare da bere, ai giocatori e anche al Sciòr, all’osteria di Borgiōl, che era proprio nella piazza in cui si giocava e dove si beveva vino mischiato a spuma o birra e gazzosa. Le palline di cuoio le costruiva Gioanì de Rubì. Quando ero bambino sentivo spesso narrare delle prestazioni di un defunto battitore di nome Giovanni Mondinini, (Gianico 1896-1931 Ndr) a cui, per limitarne la straordinaria potenza, veniva apposto un anello al braccio che utilizzava per la battuta, sennò, agli avversari, non rimaneva altro che guardare in alto la palla che ogni volta volava in “passata”.
A Gianico, subito dopo la guerra, c’erano due squadre, una dei vecchi e una dei giovani, ed andavamo anche a giocare in altri paesi. Il battitore dei grandi era Giacomo Cotti dei Rodei. Il battitore della squadra dei giovani era Gioanì Antonioli detto Pristì, dato che di mestiere faceva il panettiere. Dopo ci sono stati altri bravi battitori come Piero Cotti Piccinelli dei Racheli, Peppino Botticchio Rubì, Gianni Cotti dei Moniche, Paolino Antonioli de la Comàr. Allora bisognava cercare di colpire la palla al volo perché in terra non c’era l’asfalto, in ogni paese c’era ancora il rih e pertanto non si poteva prevedere dove sarebbe finita la palla dopo che toccava terra: bisognava non addormentarsi!
Negli ultimi anni, a causa dell’età, mi sono ritirato, ma vedo dei soggetti, nati dopo la guerra, ed anche alcuni giovani che hanno ancora passione per il gioco della Bala e di questo sono contento perché è una tradizione che rischia di perdersi.
Piero Cotti Piccinelli